Arte e cultura

Sette castelli di Napoli: tra storia e architettura

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apoli è una città che affonda le sue radici in un passato ricco e complesso, dove storia, leggende e tradizioni si intrecciano in un caleidoscopio di eventi che hanno segnato non solo il destino della città ma anche quello di chi l'ha vissuta. Le sue strade, i suoi monumenti e le sue piazze raccontano storie di potere, tradimenti, rivolte e vittorie, tutte impresse nel cuore della città e dei suoi abitanti.

Tra le sue meraviglie architettoniche, i sette castelli di Napoli emergono come testimoni privilegiati di questo passato, ognuno con una sua unicità che affascina i visitatori invitandoli a immergersi nel mistero e nella storia.

Ogni castello ha una sua narrazione, un suo mistero, una propria identità che lo rende speciale. Ma non sono solo le loro imponenti mura e le torri a suscitare interesse: questi luoghi sono anche custodi di leggende affascinanti che affondano nella cultura popolare e nei racconti tramandati di generazione in generazione. Miti, storie di apparizioni spettrali, maledizioni e segreti nascosti tra le pietre. Ogni castello, oltre ad essere un monumento architettonico, è un universo di racconti che parla di un passato ricco e variegato, rendendo ogni visita un'esperienza unica.

Siamo pronti a guidarti alla scoperta dei sette castelli di Napoli, esplorando fatti storici e atmosfere uniche, che li rendono ancora più affascinanti.

Se sei pronto, addentrati nelle nostre parole, fra le loro mura e lasciati affascinare.

Castel dell'Ovo

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Situato sull’isolotto di Megaride, il Castel dell’Ovo è il più antico di Napoli e uno dei suoi simboli fondamentali. Qui la storia si intreccia con il mito e le sue radici affondano in un passato iconico. Proprio su questo isolotto, secondo il mito, giunse il corpo di Partenope, la sirena che si innamorò perdutamente di Ulisse. Dopo aver tentato invano di sedurlo con il suo canto ammaliante, la creatura, distrutta dall’impossibilità di vivere quell’amore, si lasciò cadere in mare. Le onde portarono il suo corpo fino a Megaride, dove nacque il mito fondante della città di Napoli, intessuto di amore, sacrificio e destino.

 

Ma le storie di Megaride non finiscono qui. Inizialmente sede della sontuosa villa del patrizio romano Lucullo, il sito divenne nei secoli una possente fortezza medievale, teatro di vicende storiche e leggendarie. La leggenda più famosa legata al castello è quella dell’uovo magico, nascosto – si narra – nelle sue fondamenta dal poeta Virgilio. Questo uovo avrebbe il potere di custodire il destino di Napoli: la sua rottura sarebbe presagio di sciagure, un timore che scosse la città durante il maremoto del Trecento.

 

Un’altra figura mitica si lega al Castel dell’Ovo e al mare che lo circonda: Cola Pesce. Pare che il giovane, abilissimo nel nuotare e nell’esplorare i fondali, trascorreva più tempo sott’acqua che sulla terraferma. Le continue immersioni lo trasformarono lentamente: il suo corpo iniziò a ricoprirsi di squame e le sue gambe si fusero in una coda, fino a farlo diventare una creatura metà uomo e metà pesce. La sua natura anfibia lo rese un esploratore instancabile degli abissi marini ma fu anche la sua condanna: un giorno, mentre esplorava una voragine sottomarina vicino a Megaride, scomparve per sempre, lasciando dietro di sé un alone di mistero e racconti che sopravvivono ancora oggi.

 

Passeggiare lungo il Borgo Marinari, proprio accanto alle mura del castello, è come entrare in un’altra dimensione, dove la storia e la leggenda si fondono in un’unica narrazione. Al tramonto, con i colori caldi che si riflettono sulle onde, il Castel dell’Ovo si trasforma in una visione da sogno, un dipinto vivente che racconta Napoli con il suo silenzio imponente. Se ascolti attentamente, potrai cogliere gli echi di un tempo lontano, fatto di sirene, uova magiche e dinamiche che sfidavano i segreti del mare.

 
 

Castel Nuovo (Maschio Angioino)

Il Castel Nuovo, più comunemente chiamato Maschio Angioino, è uno dei castelli più maestosi e centrali di Napoli, simbolo di potere e resistenza. Costruito nel 1279 per volere di Carlo I d’Angiò, fu pensato come residenza reale e come fortificazione contro le invasioni. La sua storia, tuttavia, non si limita al ruolo di baluardo medievale: nei secoli, fu testimone di eventi cruciali come la fine della dinastia angioina e l’inizio della dominazione aragonese.

 

Tra le figure più controverse che hanno abitato il castello spicca Giovanna II, ultima sovrana angioina. Dipinta dai cronisti come una regina dissoluta e sanguinaria, Giovanna avrebbe accolto nella sua alcova amanti di ogni genere, anche rastrellati tra i giovani popolani di bell’aspetto. La leggenda narra che, per tutelare il suo nome, non esitasse a disfarsi di loro dopo aver soddisfatto le sue voglie, utilizzando una botola segreta all’interno del castello. Gli sventurati venivano gettati in un pozzo, dove mostri marini – secondo alcuni, un coccodrillo giunto dall’Africa attraversando il Mediterraneo – ponevano fine alla loro vita.

 

Sempre legato alla presenza del coccodrillo, i sotterranei del castello ospitano due aree particolarmente suggestive: la fossa del coccodrillo e la prigione dei Baroni. La fossa del coccodrillo, detta anche del miglio, era originariamente un deposito di grano della corte aragonese ma veniva utilizzata per segregare i prigionieri condannati alle pene più severe. Un’antica leggenda racconta che i detenuti, spesso condannati alla scomparsa senza clamore, venivano azzannati da un coccodrillo che penetrava nei sotterranei attraverso un’apertura e li trascinava in mare. Col passare degli anni poi, il rettile venne ucciso con un’ingegnosa trappola: una coscia di cavallo avvelenata, utilizzata come esca. Dopo la sua morte, il coccodrillo fu impagliato ed esposto sulla porta d’ingresso del castello, a monito per i visitatori.

 

Nella prigione dei Baroni, invece, sono custodite quattro bare senza iscrizioni, che si ritiene appartenessero ai nobili giustiziati in seguito alla congiura dei baroni del 1485.

 

Nonostante i suoi racconti di sangue e mistero, oggi il Maschio Angioino accoglie visitatori come museo, offrendo opere d’arte e una splendida vista su Napoli. Affacciandoti dalle sue mura, potrai immaginare il panorama della città com’era un tempo, con le sue torri che dominavano l’orizzonte, mentre nei corridoi ancora riecheggiano i segreti di una storia fatta di potere, leggende e misteri. 

 

Sta a te decidere quanto c’è di reale in questi racconti, mentre esplori le sue antiche sale e il suggestivo Museo Civico.

 

Castel Sant'Elmo

Situato sulla collina del Vomero, Castel Sant’Elmo è uno dei castelli più spettacolari di Napoli, non solo per la sua architettura ma anche e soprattutto per la vista mozzafiato che offre sul golfo e sulla città che si mostra ai suoi piedi. La sua costruzione risale al 1329, per volere di Roberto d’Angiò ma fu ampliata e modificata nei secoli successivi. La sua caratteristica forma a stella è un esempio perfetto di architettura difensiva medievale. Si tratta del primo castello al mondo costruito con sei punte; in molti colgono il riferimento all’esagramma del popolo ebraico mentre altri ancora credono che si tratti squisitamente di alchimia, essendo la figura a sei punte simbolo dell’unione tra l’elemento del fuoco e quello dell’acqua, in rappresentanza dunque dell’equilibrio cosmico. Un mistero mai risolto del tutto, una costruzione che nel tempo è stata anche un luogo di prigionia e un presidio militare durante la dominazione spagnola. Anche in questo caso però, sono le leggende a renderlo ancor più caratteristico.

 

Si dice che durante le rivolte popolari, nel 1647, il castello divenne il cuore della resistenza contro gli Spagnoli e che le sue mura siano ancora impregnate dei sogni di libertà di coloro che vi combatterono. Inoltre, Castel Sant’Elmo è spesso associato a racconti di fantasmi e presenze misteriose. Alcuni affermano di aver visto figure spettrali aggirarsi nelle stanze buie del castello e che la sua atmosfera carica di storia sia avvolta da un’aura enigmatica. Secondo alcuni antichi racconti, lungo la scalinata che fiancheggia il castello conosciuta come Pedamentina, vivrebbe un fantasma che si divertirebbe con i suoi abiti bianchi a spaventare i visitatori in uscita dal castello.

 

Questo e altri fatti delicati come la morte delle 150 persone colpite da un fulmine caduto sulla polveriera del castello in questione nel 1587, la presunta presenza di un anacoreta (figura religiosa e mitologica) che pare essere ancora nella Grotta dell’Eremita e tanti altri angoli ricchi di fascino rendono Castel Sant’Elmo uno dei più suggestivi dell’intera città.

 

Incluso dal 2014 nella lista dei siti patrimonio dell’Unesco, oggi rappresenta un punto panoramico imperdibile con una ricca collezione di arte contemporanea tutta da scoprire grazie al Museo del ‘900 situato nel carcere alto.

Castello del Carmine

Il Castello del Carmine, situato nell’omonimo quartiere, fu eretto nel XIV secolo per volere di Carlo III di Durazzo, sovrano del regno angioino. Costruito in una posizione strategica, nell’angolo meridionale della cinta muraria di Napoli, la fortezza era destinata a proteggere la città dagli attacchi provenienti da oriente, sia via mare che via terra.

 

Realizzato con possenti blocchi di piperno, il castello si distingueva per il suo carattere essenzialmente militare. A differenza di altre fortificazioni napoletane, come Castel Nuovo già citato o Castel Capuano che scopriremo a breve, non ospitava sontuosi banchetti o ambienti sfarzosi. Era una struttura concepita per la guerra, con robuste mura e torri cilindriche che raccontavano la sua vocazione difensiva.

 

Nel corso dei secoli, il castello fu testimone di eventi storici cruciali, tra cui sanguinosi assedi e rivolte popolari. Tra i momenti più significativi, si ricorda la ribellione di Masaniello nel 1647, quando divenne la base del capopopolo Gennaro Annese suo successore, e la resistenza dei borbonici durante la spedizione dei Mille di Garibaldi.
Tuttavia, con il passare del tempo, le sue funzioni militari si ridussero e il castello subì trasformazioni significative, soprattutto durante il periodo borbonico. Nel XIX secolo, fu in gran parte demolito per far posto alle nuove esigenze urbanistiche, segnando la fine del suo ruolo come baluardo difensivo. Al suo posto sorse la caserma Giacomo Sani, anch’essa poi parzialmente abbattuta per l’ampliamento di via Marina.

 

Oggi del Castello del Carmine rimangono solo poche tracce visibili: qualche tratto di mura e le basi delle torri che un tempo dominavano il paesaggio circostante. La struttura, ormai non visitabile, vive nei ricordi e nelle storie dei napoletani, come simbolo di un passato in cui Napoli, tra guerre e rivoluzioni, dimostrava la sua capacità di resistere e reinventarsi.

 

Passeggiando nei dintorni, si può ancora percepire il fascino di ciò che resta di questa antica fortezza, un luogo che, sebbene dimenticato dai più, continua a evocare la memoria di un’epoca lontana.

Castello di Nisida

Arroccato sull’omonima isola nel Golfo di Napoli, il Castello di Nisida racconta secoli di storia e misteri. Sebbene oggi l’isola sia nota per ospitare un carcere minorile e una base militare, il suo passato intreccia realtà storiche e suggestioni letterarie che la rendono unica.

 

In una delle leggende più celebri, Matilde Serao dipinse Posillipo e Nisida come amanti destinati a non incontrarsi mai. Posillipo, giovane bello e solare, amava Nisida, affascinante e misteriosa. Ma il loro amore era destinato a restare incompiuto, separato da un istmo insormontabile.

 

Secondo la Serao, Posillipo si gettò in mare per sfuggire alla vista di Nisida che rappresentava al contempo il suo tormento e la sua seduzione. Gli dèi, impietositi da tutta la vicenda, lo trasformarono in un poggio immerso nel mare e Nisida in uno scoglio austero. Così, il giovane divenne un luogo di gioia, mentre Nisida ospitò gli esclusi e i reietti.

 

Non meno affascinante è il legame dell’isola con la storia romana. Nisida ospitò la residenza di Marco Giunio Bruto, che qui si ritirò dopo aver orchestrato, con Cassio, la congiura contro Giulio Cesare. Fu nelle sue ville che si pianificò il destino dell’imperatore. La moglie di Bruto, Porzia, scelse proprio Nisida per togliersi la vita in modo drammatico, inghiottendo carboni ardenti dopo aver appreso della morte del marito.

 

L’isola è stata identificata anche con l’“isoletta delle capre” descritta da Omero nell’Odissea. Secondo gli studiosi, qui Ulisse approdò prima di raggiungere la grotta di Polifemo, probabilmente identificabile con la Grotta di Seiano. Questa immagine mitica si intreccia con le descrizioni di Plinio, che lodò gli asparagi di Nisida e Ateneo, che ne ricordò i conigli selvatici.

 

Durante il Medioevo, Nisida vide la costruzione di una Torre di Guardia sul punto più alto dell’isola, parte di un sistema difensivo per contrastare incursioni nemiche, come quelle del temuto pirata Barbarossa. In epoca vicereale, il castello fu fortificato e integrato nel complesso difensivo pianificato dal viceré Pedro de Toledo, che proteggeva il Golfo di Napoli. Con i Borbone, il castello fu trasformato in ergastolo, accogliendo prigionieri politici in condizioni durissime.

 

Oggi Nisida continua a essere un luogo di contrasti. 

 

La sua imponente figura domina il paesaggio, un simbolo di resistenza e memoria. Persino Eduardo De Filippo, nel suo impegno per i ragazzi del carcere minorile, intuì che la bellezza dell’isola potesse offrire redenzione. In questo angolo di Napoli, la storia si mescola al mito, lasciando chi la osserva da lontano colpito dal suo fascino enigmatico.

Forte di Vigliena

Il Forte di Vigliena, costruito nel 1698, si trova nella zona orientale di Napoli ed è stato eretto per difendere la città dalle minacce provenienti dal mare. Originariamente, il forte era una struttura che si stagliava contro l’orizzonte, affacciandosi su uno dei panorami più suggestivi di Napoli, da cui si poteva ammirare l’ampio golfo e sentire il vento del mare mescolarsi ai ricordi di un passato di conflitti e difesa. Il progetto architettonico del forte fu pensato per renderlo difficile da individuare, con un’altezza contenuta, che non superava i sei metri, riducendo così la sua visibilità dal mare.

 

Oggi, il Forte di Vigliena è in rovina. Le mura che un tempo proteggevano Napoli dalla minaccia nemica sono ormai scalfite dal tempo, e il forte, purtroppo, non è più visitabile. Solo alcune sue parti sono ancora visibili, testimoni mute di una storia fatta di resistenza e sacrificio. Il fossato che un tempo lo circondava e le mura di tufo e pietra vesuviana sono ormai quasi invisibili, inghiottiti dalla vegetazione che lentamente ha preso il sopravvento. Nonostante ciò, la sua presenza resta una traccia evocativa di un’epoca lontana, in cui il forte era un baluardo di difesa contro il nemico.

 

Il mistero che avvolge il Forte di Vigliena è profondo, più di quello che circonda altri castelli della città. Si racconta, infatti, che nelle notti tempestose, i soldati di guardia, solitari, abbiano avuto strani incontri e visioni: figure in uniforme che, silenziose, camminavano lungo i bastioni. Alcuni giurano di aver visto spiriti dei difensori, ancora intenti a proteggere la città dal pericolo, ancora dediti alla loro missione.

 

Anche oggi, passeggiando accanto al forte nel tardo pomeriggio o al calar della sera, si ha la sensazione di essere osservati. L’atmosfera che circonda il forte è sospesa, come se il tempo stesso fosse stato fermato. Non è raro, infatti, che i passanti raccontino di un’energia particolare che si avverte nei pressi del sito, come se il passato e il presente si sovrapponessero, confondendo le frontiere tra il mito e la realtà.

 

Le tracce della battaglia del 1799, quando i repubblicani tentarono di difendere Napoli dalle forze sanfediste del cardinale Ruffo, con un gesto disperato che portò alla parziale distruzione dell’arsenale del forte, sono ormai lontane, ma quelle ombre di lotta e sacrificio continuano a permeare l’area, dando al Forte di Vigliena una dignità silenziosa ma forte, che solo il passare del tempo ha saputo custodire. Oggi, questo rudere non è solo un frammento di storia ma anche un angolo che invita a riflettere sulla forza della resistenza e sulla memoria che continua a vivere, anche nelle macerie.

 

Castel Capuano

Il Castel Capuano, uno dei castelli meno conosciuti dai turisti nonostante la sua posizione strategica nei pressi della stazione centrale, custodisce una storia ricca e affascinante che affonda le sue radici nel cuore del Medioevo. Costruito nel XII secolo per volere del re normanno Guglielmo I di Sicilia nacque come residenza reale ma ben presto fu trasformato in una fortezza difensiva. Durante il regno di Carlo I d’Angiò, il castello cambiò nuovamente funzione, diventando prima una prigione e poi sede del tribunale di Napoli, divenendo così teatro di vicende oscure e drammatiche che ancora oggi riecheggiano tra le sue mura.

 

Gli interni del Castel Capuano sono un autentico scrigno di tesori artistici e storici. Al secondo piano si trova la Sala dei Busti, adornata da affreschi del XVIII secolo e busti dedicati agli avvocati più illustri del foro napoletano, accanto alle allegorie delle dodici province del Regno di Napoli. Di straordinario fascino è la Cappella della Sommaria, anticamente riservata alle preghiere dei giudici, decorata con stucchi e affreschi cinquecenteschi attribuiti a Pedro Rubiales, riportati alla luce durante i restauri ottocenteschi. Non meno affascinanti sono le sale del tribunale civile, dove volte affrescate narrano scene come il Giudizio di Salomone, capolavori firmati da Belisario Corenzio.

 

Un altro gioiello del castello è la biblioteca Alfredo De Marsico, che custodisce preziosi incunaboli (i primi libri moderni) e documenti che testimoniano secoli di evoluzione del diritto a Napoli. Infine, il Museo di Anatomia è un luogo singolare che raccoglie reperti curiosi e inquietanti, inclusi i resti di Giuditta Guastamacchia, protagonisti di una delle più macabre storie legate al castello, rappresentando lo sviluppo della scienza medica cittadina.

 

Giuditta Guastamacchia fu condannata nel 1800 all’interno del Castello per aver orchestrato l’omicidio del giovane marito con la complicità dell’amante – un prete – e del proprio padre. La vicenda si tinse di un macabro orrore: Giuditta, raccontano le cronache, attirò il marito (che aveva scoperto della sua incestuosa relazione extraconiugale) nella sua casa con l’inganno, lo fece strangolare e insieme a due complici ne smembrò il corpo per nascondere il crimine. I resti del giovane furono sparsi tra boschi e mari in modo da non poter ricostruire il misfatto ma il piano fallì quando uno dei complici, catturato, confessò tutto. La punizione di Giuditta fu esemplare: dopo l’impiccagione, la sua testa e le sue mani furono esposte alla Vicaria, monito agghiacciante per il popolo. Da allora, la leggenda narra che il suo spirito inquieto torni ogni 19 aprile a percorrere i corridoi dell’antico tribunale, lasciando dietro di sé un’eco di grida e lamenti che sembrano provenire da un’epoca lontana e di dolori mai assopiti.

 

Ma questa non è l’unica leggenda ad animare il Castel Capuano.  La Sala delle Torture è forse il simbolo più cupo di questo passato. Si racconta che qui si svolgessero interrogatori estremi e che, nelle notti più silenziose, echeggino ancora i lamenti dei torturati.

 

Un’altra storia celebre è quella della “Dama Bianca”, il fantasma di una nobildonna vittima di un complotto politico. Si dice che il suo spirito inquieto vaghi per le sale del castello, in cerca di giustizia per le angherie subite. La sua presenza, avvistata da molti, contribuisce a rendere il castello una meta ambita per gli appassionati di paranormale.

 

Tra le leggende più singolari spicca anche quella dei “Teschi Parlavanti”. Si narra che nei sotterranei del castello fossero conservati i teschi dei prigionieri giustiziati, capaci di rispondere a domande, svelare segreti e predire il futuro. Sebbene non vi siano prove concrete, il mito persiste, arricchendo l’atmosfera enigmatica del luogo.

 

Il Castel Capuano rappresenta insomma un autentico intreccio di arte, storia e leggenda, un luogo che racconta secoli di gloria e tormento. Ogni sala, ogni angolo, è una finestra su un passato che continua a vivere e a suscitare emozioni. Nonostante sia meno conosciuto, merita di essere scoperto e raccontato per non lasciare che il suo ricco patrimonio sprofondi nel silenzio dell’oblio.

 

Tra realtà e fantasia, il Castel Capuano si erge come un magnetico scrigno di misteri, invitando chiunque vi si avventuri a lasciarsi affascinare dalle sue storie senza tempo. 

Conclusion

I sette castelli di Napoli sono testimoni di secoli di storia e dietro ognuno di essi si celano racconti che vanno ben oltre la semplice cronaca. Ogni castello, con la sua architettura, le sue leggende e i suoi misteri, rappresenta una chiave per comprendere un po’ meglio l’anima di Napoli. Se anche tu desideri saperne di più devi assolutamente esplorare questi luoghi scegliendo il Santa Chiara Boutique Hotel come punto di partenza del tuo prossimo viaggio. 


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